La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande. (Hans Georg Gadamer)

sabato 7 maggio 2016

Giovanni Verga


Giovanni Verga nacque a Catania il 2 settembre del 1840 e iniziò a studiare all’età di 11 anni presso la scuola del letterario Antonino Abate. Si iscrisse alla facoltà di legge senza finire gli studi, perché preso dalle vicende storiche e politiche dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia.

Nel 1851 si arruolò nella Guardia Nazionale di Catania e iniziò a svolgere l’attività di giornalista. Dopo la morte del padre nel 1865 si stabilì a Firenze, dove, frequentando ambienti letterari, diventò un autore di successo con romanzi “Una peccatrice”(1866) e “Storia di una capinera”(1871).

Nel 1872 si trasferì a Milano, dove continuò a pubblicare romanzi. Nel 1881 viene pubblicato il romanzo “I Malavoglia”, seguito negli anni successivi da “I ricordi del capitano d’Arco”, “Il marito di Elena”(1882), “Per le vie”(1883), e “Drammi intimi”(1884).  Iniziò anche l’attività di autore teatrale con le opere “Cavalleria rusticana”, “In portineria” e “Vagabondaggio”. Nel 1893 Verga si ritirò a Catania, dove iniziò a interessarsi sempre più alla politica, sostenendo il colonialismo italiano in Africa.  Nel 1920, in occasione del suo 80° compleanno, venne festeggiato a Roma e il 3 ottobre venne nominato senatore. Morì a Catania il 27 gennaio 1922 per paralisi cerebrale.



L’attività letteraria

L’attività letteraria di Verga si può dividere in tre fasi:

la narrativa storico-patriotica degli esordi;

i romanzi mondani;

la produzione verista.

Tra i romanzi della maturità troviamo: “I Malavoglia”, “Mastro Don Gesualdo” e “Cavalleria rusticana”.

“I Malavoglia”, scritto nel 1881, racconta la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese vicino a Catania. Il paese è il protagonista del romanzo, costituito di personaggi uniti da una stessa cultura ma divisi da antiche rivalità. Il romanzo crea l’illusione che a parlare sia il mondo raccontato, rinunciando così alla presenza dell’autore. Inoltre, questo libro offrì lo spunto per il film “La terra trema”(1948) di Luchino Visconti, momento importante del cinema neorealista.

“Mastro Don Gesualdo”, scritto nel 1889, racconta la storia di Gesualdo, il quale riesce a vincere il suo destino di miseria e diventare ricco, grazie anche al matrimonio con la nobile Bianca Trao. Dopo essere stato lasciato solo dalla moglie e dalla figlia Isabella, Gesualdo muore nel palazzo ducale di Palermo. Il romanzo si svolge ancora in Sicilia, più precisamente a Vizzini, e la lingua rappresenta in modo raffinato la realtà in qui si svolge il romanzo. Fu un insuccesso per Verga.

“Cavalleria rusticana” è un’opera in versione teatrale che diede molto successo a Verga. Fu rappresentata nel 1884 con discreto consenso del pubblico, e fu successivamente musicata da Pietro Mascagni nel 1890.



Sitografia:

cronologia.leonardo.it/storia/biografie/verga.html

sabato 9 aprile 2016

Appunti PRIMA GUERRA MONDIALE e RIVOLUZIONE RUSSA




Rivoluzione d’Ottobre


Rivoluzione d’Ottobre

La Rivoluzione d’Ottobre prese il via nel 1917, comportando l’uscita della Russia zarista dal primo conflitto mondiale e l’intervento statunitense. Ma perché?

Le cause

Se nei Paesi del centro-ovest Europa si erano scatenati e diffusi gli ideali di Libertè, Fraternitè ed Egalitè, in Russia questo concetto era una barzelletta. Nel 1861 era stata sì abolita la servitù della gleba ma fra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare: non c’erano diritti civili, la stragrande maggioranza della popolazione viveva sotto la soglia della povertà, il sistema in vigore era l’autocrazia, i raccolti buoni arrivavano con il contagocce, gli operai lavoravano in modo disumano, l’arretratezza del Paese era una condanna, l’enorme capitale di cui disponeva la Russia (243 miliardi di euro) veniva usato per feste e balli e la popolazione ancora contadina era il 90%. Inoltre i durissimi sistemi di repressione messi in atto dallo Zar fino al 1905, anno in cui compariranno il diritto all’associazione, il diritto alla libertà di stampa, il diritto a riunirsi e l’istituzione della Duma (una camera ad elezione popolare).

 “Non sono pronto a essere uno zar. Non ho mai voluto esserlo. Non so nulla su come si governa. Non ho la minima idea di come si parli ai ministri.” Questa è la celebre frase che il neo-Zar Nicola II una volta eletto, disse fra le lacrime al cugino. 

Il 1905



L’incoronazione dello Zar Nicola II a San Pietroburgo

Nel 1905 (anno in cui è al potere Nicola II Romanov) si vedono le avvisaglie della Rivoluzione. Per distogliere l’attenzione dai problemi interni (aumentati dal disagio delle classi nobili alla notizia di un tentativo di avviamento della politica di sviluppo industriale da parte del ministro delle finanze Sergej J. Vitte, rimosso in seguito dallo Zar) viene dichiarata guerra al Giappone. Dopo alcuni iniziali successi la flotta russa viene annientata dalla modernissima flotta giapponese, comandata dall’Ammiraglio Togo, nella battaglia di Tsushima. Senza la flotta i piani di invasione della Manciuria e del Giappone naufragano miseramente. Oltre all’enorme costo umano della guerra, il costo economico dà il via a numerose rivolte. La Domenica di sangue (22 gennaio 1905) in cui 140.000 pacifici manifestanti vengono presi a fucilate dalla guardia del palazzo dello Zar (1000 morti), da il colpo definitivo all’immagine dello Zar. Le rivolte scoppiate dappertutto, ma soprattutto l’ammutinamento di unità della Marina (come la corazzata Potemkin) e dell’Esercito, unito ai violenti scioperi operai, costringono lo Zar a cedere i diritti sopra detti.

Lo scenario politico

Nel e prima del 1905, si erano andati a formare gruppi più o meno clandestini, sulla base dei principali partiti politici occidentali. Nel 1905 divennero tutti legali. In quel momento il partito principale era il Partito socialdemocratico (diffuso soprattutto fra gli operai), diviso però in due correnti: i menscevichi, che credevano nella realizzazione di un governo popolare e riformista, e la corrente bolscevica, che voleva il popolo dritto al potere per mezzo di un processo rivoluzionario. Questo partito aveva come principale antagonista il Partito socialista rivoluzionario, che propugnava la collettivizzazione delle terre, ed aveva il vasto consenso dei contadini. Da questo partito avrebbe preso vita successivamente il partito comunista. Dalla fusione del Partito Liberale e di quello costituzionalista nacque il partito dei “cadetti”.

In questa situazione la Russia scende in guerra nel 1914. Cominciano subito le sconfitte, come l’occupazione di Riga, mentre i tedeschi respingono i Russi, che nonostante il coraggio e l’ardore non hanno munizioni, armi potenti, capi degni di questo nome e un sistema logistico efficiente. Come in tutte le guerre poi, si preferisce dare le risorse ai soldati e non ai civili: la fame dilagante nella popolazione la rende sempre più nervosa. Inoltre l’impoverimento era favorito dal fatto che su 100 giovani abili al lavoro ne tornavano 10. Milioni di persone videro così mancare all’appello la forza lavoro. Lo Zar decise di prendere il comando delle forze armate, lasciando il governo alla ancor più incapace moglie, che era piegata dal suo fanatismo religioso al monaco Rasputin (assassinato nel 1916). Ora anche l’aristocrazia considerava intollerabile la situazione, con i tumulti di piazza e l’assenza di un vero governo. La stessa Duma era in fibrillazione.

A San Pietroburgo scoppiò una rivolta (febbraio del calendario russo), che fu sostenuta in larga parte dalla polizia zarista. Le truppe richiamate dal fronte non riuscirono a giungere in tempo per via di uno sciopero dei ferrovieri. La Duma, contro il volere dello Zar, sciolse il governo, e ne instaurò uno prevalentemente di destra. Lo Zar veniva convinto ad abdicare. Ma il nuovo governo non capì le richieste del popolo. Nonostante la concessione di veri diritti civili, il popolo voleva pace, terra ed una vera riforma agraria. Inoltre migliaia di soldati disertori stavano tornando dal fronte, desiderosi di farla pagare a chi li aveva fatti soffrire. Si riformarono i Soviet, i consigli degli operai, che divennero ben presto una spina del fianco del governo. Se collaborazione fra i due gruppi ci fu, non fu delle migliori. La gente vedeva nei Soviet le persone che la rappresentavano veramente, e questo fece cominciare scioperi a cascata. Il governo intanto era sotto pressione da parte di tutti quelli che volevano ristabilire l’ordine. Il partito bolscevico fu il vero innovatore: Lenin, il suo leader, scrisse le tesi di aprile, dopo essere tornato in Russia con l’appoggio dei tedeschi. Una volta tornato Lenin scrisse le tesi d’aprile, in cui prendeva una decisione drastica: rivoluzione proletaria, socialismo al potere, abbandono del capitalismo. Molte furono le critiche, avanzate anche da Stalin. Ma le masse contadine approvarono e seguirono. Senza controllo diedero vita ad una specie di rivoluzione, attaccando i nobili, bruciando le loro case, prendendosi le loro terre e bruciando i loro obblighi. Il governo era sotto pressione, e non era ancora uscito dalla guerra, ormai persa. I tradimenti fra generali e governo portarono all’arresto da parte dei secondi di numerosi bolscevichi, che poi armarono e liberarono per salvare il governo da una dittatura militare. In agosto era stato represso un tentativo rivoluzionario dell’esercito, ma questa volta si aveva l’appoggio del governo: gli scontri fra esercito e operai furono violentissimi, ma la vittoria fu dei secondi. Lenin fu esiliato dopo essere stato utile al governo. L’ultimo governo fu formato. Ad ottobre Lenin sosteneva fosse il momento di prendere il potere. Il governo, ormai screditato davanti alle masse, tentò in ogni modo di evitare la rivoluzione, ma verso la fine di ottobre questa scoppiò: il governo prima cercò truppe fedeli ma, dato che non ve ne erano, fuggì. Lenin prese il potere, formando un nuovo governo: la terra fu donata ai contadini, la Russia si ritirò dalla Grande guerra; Ma ben presto ne sarebbe scoppiata un'altra. Lenin era convinto di uno scoppio della rivoluzione in Europa, cosa che non avvenne.

La guerra civile in Russia

Successivamente alla presa del potere da parte dei bolscevichi ed all’uscita della guerra, comincia la formazione nel sud del Paese delle armate bianche, controrivoluzionarie. Alla fine della Grande Guerra entrano in azione anche le forze alleate, che fornirono armi, truppe e viveri alle armate bianche. Ma queste sono divise internamente, ed è questo fattore a pregiudicare la possibilità di sconfiggere il



governo dei Soviet. L’armata rossa avanza, dopo alcune iniziali sconfitte, superando il Volga, sfruttando la momentanea incapacità di coordinazione strategica dei russi bianchi. Mentre alcuni colpi di mano sul governo bianco mettono in crisi i bianchi, le offensive bianche si spostano verso Mosca. I bianchi si ritirano verso l’Ucraina, ma vengono cacciati anche da lì. Un estremo tentativo controrivoluzionario porta alla definitiva sconfitta dei bianchi; i rossi prendono il controllo della maggior parte del vecchio impero russo, nonostante sporadici combattimenti, soprattutto nella zona siberiana, dove si era rischiato di più per la presenza della Transiberiana, che favoriva rapidi spostamenti delle truppe bianche lungo tutto il territorio asiatico. Petr Vrangel’, l’ultimo presidente bianco del sud, viene abbandonato dai suoi sostenitori britannici, che gli impongono la capitolazione. Per gli Inglesi, che erano stati i maggiori sostenitori del governo bianco, è una sconfitta.

La carestia del 1921-1922

Come sempre, si dà ai soldati e non ai civili: la guerra civile russa, un vero mattatoio, sebbene vinta dai rossi, è una sconfitta del loro sistema agricolo (verrà rimpiazzato dalla NEP, nuova politica economica).  Si arrivò addirittura al rischio di una controrivoluzione contadina, che avrebbe fatto cadere il governo leniniano. 38,2 milioni di tonnellate di grano, sono niente per alimentare un popolo enorme, e per di più in guerra. Sebbene le carestie siano una costante dell’agricoltura russa, questa è fra le più gravi della Storia: viene evacuata la Siberia, enormi masse di affamati si spostano da una parte all’altra, vi sono casi di suicidi collettivi e di cannibalismo. Le cifre migliori sui morti della carestia sono di circa 5 milioni di persone. Gli aiuti internazionali arrivano a centinaia, ma non sono abbastanza.

Dopo ogni guerra, i vincitori si prendono la rivalsa sui vinti: molti testi riportano le stragi, come quello di Isaak Emmanuilovic Babel’, che racconta nel suo libro “L’armata a cavallo” la ferocia dei rossi che si prendevano la loro rivincita sui bianchi (il testo si trova sul nostro libro di storia).



Bibliografia:

·         Il nuovo i tempi e le idee dal novecento a oggi  Petrini

·         Storia illustrata del 20 secolo  Giunti

Sitografia




consiglio a tutti il sito  http://cronologia.leonardo.it/mondo24b.htm



·         autocrazia: sistema di potere in cui comanda un re che non ha nessun dovere verso la legge e non la deve seguire.


lunedì 22 febbraio 2016

Alessandro Manzoni


Perché Manzoni è un classico?

Manzoni è un classico, perché è stato, in Italia, l’iniziatore del romanzo, ha contestato le verità fondamentali su cui si reggeva la società dell’ancien régime, ci offre esempi di sacrificio e di solidarietà e perché affronta temi e problemi attuali, sollecitando il lettore a giudicare fatti e personaggi e a prendere posizione, riconoscendo e combattendo l’ingiustizia.

La vita (1785 – 1873)

Alessandro nacque a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria e Cesare. Tra il 1791 e il 1801 Manzoni frequentò diversi collegi e successivamente fu mandato a Venezia dal padre. Nel 1795 si trasferì a Parigi, su invito della madre, che lo introdusse nella cerchia degli idéologues. Da Parigi tornò spesso in Italia con la madre, e durante una di queste visite incontrò Enrichetta Blondel, che sposò e portò a Parigi assieme a lui, dove nacque Giulia. Tutti e quattro si convertirono alla fede cattolica nel 1810.

Nel 1813 Manzoni e la famiglia si trasferirono a Milano fino alla morte di Alessandro, che durante questo periodo si concentrò sulle opere che maggiormente lo hanno caratterizzato. L’artista morì nel 1783, in seguito a una caduta, e in suo onore Verdi fece eseguire a Milano la Messa da requiem composta da lui stesso.

Le opere

Le poesie giovanili

Queste poesie consistono in due poemetti:

·         Del trionfo della libertà (1801), testo imbevuto di ideologia giacobina e polemico contro il repressivo potere politico-religioso, diviso in quattro canti in terzine dantesche;

·         In morte di Carlo Imbonati (1806), poemetto di endecasillabi sciolti, il cui destinatario è celebrato come esempio di virtù solitaria.

Gli Inni sacri

L’obbiettivo di Manzoni nel scrivere gli Inni sacri era quello di legare il bello della poesia e la verità della preghiera, celebrando in versi le dodici principali festività del calendario liturgico. Questi Inni mettono al centro i grandi misteri della religione cattolica, nella dimensione corale della preghiera. Caratteristiche di derivazione biblica sono il ricorso al parallelismo e all’iterazione, le ampie similitudini, le interrogative retoriche, le opposizioni e le frasi imperative.

Le tragedie

Le ragioni che spinsero Manzoni a dedicarsi al teatro sono due:

1.    La riconosciuta supremazia del genere tragico;

2.    Il rinnovato interesse romantico per il teatro.

Il Conte di Carmagnola (1816 – 1820)

Questo romanzo è ispirato ad un fatto storico, che mette in scena le avventure di Francesco Carmagnola, al servizio del duca di Milano Filippo Maria Visconti. Ripudiando la figlia del duca, il conte di Carmagnola si allea con Venezia, e nella battaglia di Maclodio l’esercito da lui guidato sconfigge i milanesi. Liberando alcuni prigionieri, vengono suscitati verso lui dei pensieri di tradimento da parte di Venezia, che convince l’amico Marco a richiamarlo a Venezia per essere arrestato. Così Carmagnola viene processato per tradimento e condannato a morte.

Adelchi (1820 – 1821)

Anche questo romanzo si ispira ad una vicenda storica, cioè quella di Carlo Magno, che ripudia la figlia del re longobardo Desiderio, per conquistare il regno di Lombardia. La storia è più incentrata su Carlo Magno e la sua strategia per conquistare il regno di Desiderio, che su Ermangarda, cioè la figlia del re.

Le odi civili (1821)

Marzo 1821

La passione politica e civile si ritrova molte volte nell’opera di Manzoni, che scrisse Marzo 1821 prendendo spunto dagli ideali di libertà, unità e indipendenza e applicando le regole della guerra giusta.

Il cinque maggio

Quest’opera è stata scritta in onore alla morte di Napoleone, che morì proprio il 5 maggio 1821.

I promessi sposi

Per scrivere quest’opera, Manzoni ebbe a disposizione molti modelli stranieri,  come quelli di Voltaire, Denis Diderot, Ann Radcliff, Daniel Defoe e Walter Scott.

La composizione di quest’opera fu molto lunga: cominciò il 24 aprile 1821 e terminò nel 1842. I passaggi redazionali furono tre:

1.    Tra il 1821 e il 1823 venne composta la prima redazione, in quattro torni, a cui fu dato il nome di Renzo e Lucia;

2.    Nel 1824 fu pubblicato il primo torno, intitolato Gli sposi promessi, nel 1825 uscì il secondo torno, con il nuovo titolo di Promessi sposi e il terzo e ultimo torno fu stampato nel 1927;

3.    L’edizione definitiva fu pubblicata a dispense tra il 1840 e il 1842, accompagnata da numerose illustrazioni e seguita dalla Storia della colonna infame.

Molte persone continuarono a preferire l’edizione del 1827, così Manzoni dovette inventare una scusa per farla ritirare dal commercio e far considerare alla gente, quella del 1840, l’unica approvata dall’autore.

La trama

La trama del romanzo dell’edizione definitiva del 1840/42, è la seguente: Manzoni finge di aver trovato un manoscritto anonimo del XVII secolo con una storia interessante, così finge di riscriverla nel linguaggio moderno, perché lo stile era insopportabile. Questa dunque è l’introduzione.

Il racconto è ambientato nel 1628 in un paesino del lucchese, dove il matrimonio di Renzo e Lucia non viene celebrato a causa delle cattiverie di don Rodrigo, complice di don Abbondio. Il ricorso della legge da parte dell’avvocato Azzeccagarbugli, uomo di don Rodrigo, l’intervento di padre Cristoforo, paladino della povera gente, e il tentativo di obbligare don Rodrigo a cambiare idea non funzionarono. Lucia sfugge ad un tentativo di rapimento, e successivamente i due innamorati trovano rifugio nel convento di padre Cristoforo. Il frate manda Lucia e la madre Agnese a Monza, nel monastero di Gertrude e Renzo a Milano, dove sfugge all’arresto per il coinvolgimento in una sollevazione popolare e si rifugia presso suo cugino Bortolo, in territorio veneto. Nel mentre, don Rodrigo fa allontanare padre Cristoforo, e manda l’Innominato a rapire Lucia. Rinchiusa nel suo castello, Lucia promette alla Madonna di non fare l’amore con nessuno (voto di castità), in cambio della liberazione. Con la sua presenza, turba l’Innominato, che già da tempo in crisi di coscienza, decide di andare dal cardinale Federigo Borromeo: durante questo incontro, si compie la sua conversione. Così Lucia viene liberata e affidata a don Ferrante e donna Prassede, dai quali viene portata a Milano. Qui, guerra, peste e carestia devastano al città con i protagonisti al suo interno: padre Cristoforo, per assistere i malati; Renzo e Lucia, che incontrano la peste, ma poi ne guariscono; don Rodrigo, colpito dalla peste, è morente. Dopo aver pedonato il nemico, da prte di Renzo, e sciolto il voto di castità di Lucia da parte di padre Cristoforo, i due si possono finalmente sposare. Infine, Renzo e Lucia, dopo essersi trasferiti in un altro paese, avranno dei figli e vivranno serenamente, ricordandosi della vicenda che hanno vissuto e della sua morale: quando vengono i guai, “per colpa o senza colpa, la fiducia di Dio li raddolcisce e li rende utili per una vita migliore”.

Il problema della lingua

Manzoni voleva trovare una lingua che andasse bene a tutti. La ricerca della lingua manzoniana, quindi, si sviluppò in tre fasi, caratterizzate ciascuna da una lingua diversa:

1.    La lingua europeizzante del Fermo e Lucia, composta su milanese, francese, toscano e latino;

2.    La lingua toscano-milanese, dell’edizione del 1827, composta su un toscano eccessivamente teorico;

3.    La lingua parlata dai fiorentini colti dell’edizione del 1840.

La scelta finale fece diventare i Promessi sposi il primo esempio di unità linguistica nazionale.

Il sistema dei personaggi e la macchina narrativa

I personaggi principali sono otto: Renzo, Lucia, don Abbondio, padre Cristoforo, don Rodrigo, il cardinale Federigo Borromeo, l’Innominato e Gertrude.

Tutti i personaggi da relazioni fondate sulla bipartizione: quattro sono storici (padre Cristoforo, Federigo, l’Innominato, Gertrude) e quattro sono inventati (Renzo, don Rodrigo, don Abbondio, Lucia); quattro sono ecclesiastici (Federigo, don Abbondio, padre Cristoforo, Gertrude) e quattro sono laici (Renzo, don Rodrigo, l’Innominato, Lucia); quattro sono buoni (Renzo, Federigo, padre Cristoforo, Lucia) e quattro sono cattivi (don Rodrigo, don Abbondio, l’Innominato, Gertrude); ogni gruppo è formato da 3 uomini e 1 donna.

Gli elementi dinamici della vicenda sono:

·         La conversione dell’Innominato, che attribuisce movimento alla macchina narrativa, la quale nella conversione ha il suo centro propulsore;

·         Il perdono, che Renzo concede a don Rodrigo e che fa avviare la macchina narrativa verso la conclusione.

I punti di vista

Nei Promessi sposi si intravedono tre punti di vista:

1.    Quello del narratore onnisciente, che si trasforma in coautore, intervallandosi con un narratore che chiama invece dentro il lettore;

2.    Quello dell’anonimo seicentesco;

3.    Quello dei diversi personaggi.

La Storia della colonna infame (1823 – 1842)

Il lato oscuro dei Promessi sposi

Questa storia narra la vicenda di Guglielmo Piazza, processato e giustiziato come “untore”, che sembra un inquietante destino alternativo, il quale sarebbe potuto toccare a Renzo. Manzoni riteneva fondamentale che i lettori leggessero i Promessi Sposi e questo racconto uno in seguito all’altro.

Scritti storici, linguistici e teorici

Gli scritti storici, linguistici e teorici sono i seguenti:

·         La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859 (1861 – 1872);

·         Gli Scritti linguistici, dove emerge l’idea di Manzoni di una lingua nazionale, considerata identica al fiorentino parlato dalle persone colte;

·         Dell’invenzione (1850), un dialogo tra due persone, la cui tesi centrale è che quando lo scrittore inventa, non crea, ma trova idee che perdurano nella mente di Dio;

·         Del romanzo storico e, in genere, de’ componimenti misti di storia e d’invenzione (1850), un saggio che chiarisce l’essenza della storia e della letteratura.









La Seconda Rivoluzione Industriale

             
Dal 1870 l'Europa conobbe un periodo soprannominato come Seconda Rivoluzione Industriale. Nell'ultimo trentennio del 19'secolo viene definito come eta dell'acciaio, perché si scopri questo nuovo metallo molto più duttile (cioè che si adatta ad ogni situazione o circostanza) e più malleabile del ferro e cosi diede un enorme sviluppo alle industrie siderurgiche. Fu proprio grazie alla produzione con un enorme successo perché si vendeva a basso costo e cosi apri una nuova fase nella rivoluzione industriale, mentre l'Inghilterra e la Francia erano state all'avanguardia della prima ma le grandi protagoniste della seconda sono state la Germania e gli Stati Uniti. Le ragioni per il successo erano perché avevano cominciato ad utilizzare nuove tecniche: le industrie tedesche usavano tecnologie più moderne mentre quelle inglesi un po' meno moderne. Inoltre in Germania le industrie siderurgiche erano di dimensioni molto più grandi. La rivoluzione era anche favorita dai nuovi prodotti chimici che fornirono nuovi prodotti come: alluminio, sostanze, coloranti artificiali. Grazie alle nuove conoscienze nate dallo studio dei nuovi esperimenti chimici consentirono ben presto la produzione di una serie infinita di prodotti sintetici come la celluloide, bachelite, cellofan e non dimenticarsi dell'aspirina e di altri prodotti medicinali. In base all'energia la Seconda Rivoluzione Industriale aveva l'elettricità. Essa trasformò la fabbrica, mettendo a nostro favore energia a basso costo e lasciando la libertà di scegliere dove collocare i nostri macchinari a differenza dei macchinari a vapore che avevano bisogno dei loro motori vicino. Nel continuo sviluppo industriale comportò la meccanizzazione, essa consiste nell'utilizzo delle macchine per fabbricare i prodotti senza uso degli operai. Sostituire gli operai con le macchine era un grande risparmio sulla manodopera e un grande aumento della produzione. Il passo successivo era l'adeguamento degli operai nel lavoro a ritmo delle macchine, per migliorare l'efficienza dei lavoratori e degli impianti. (Cioè ogni operaio si specializzava in una parte del lavoro) La meccanizzazione diede l'avvio alla produzione in serie grazie anche alla catena di montaggio, non più un abito su misure , ma un abito preconfezionato in taglie specifiche, non più scarpe fatte a mano ma fatte con i macchinari con misure fisse. E cosi via per tutti gli oggetti e cosi diminuiva il costo. La tendenza all'ingrandimento delle aziende divenne un fenomeno sempre più diffuso. Diventarono sempre più richiesti gli investimenti per espandere le aziende e per restare sempre con le tecnologie più moderne comportavano a finanziamenti e cosi le banche diventarono sempre più importanti. Gli istituti di credito in molti casi finivano per assumere il controllo delle imprese stesse.
Un altro fenomeno degli ultimi decenni dell'ottocento fu quello della concentrazione delle imprese: i piccoli e i medi industriali non erano in grado di sostenere i cambiamenti tecnologici e dall'aumento di produzione. I fallimenti di piccole imprese e la loro acquisizione da altre imprese maggiori ridusse il numero di piccole imprese e ne furono diventate parte di grandi compagnie. Alcune di loro assunsero una dimensione multinazionale, dal momento che erano presenti in più nazioni e perfino in continenti diversi.
B. M - 2